Chi siamo

Il nostro essere precari ci pesa,ma non possiamo vivere pensando solo a questo.

Lo scopo è quello di discutere e confrontarci sul problema del lavoro,ma anche di conoscerci e divertirci.
Cerchiamo e chiediamo nei vostri commenti consigli e critiche di qualsiasi natura affinché il blog possa crescere e migliorare.
Squisitissimi.
Precariolateam.

Operatore Gianluka






Nei meandri del nostro archivio abbiamo trovato questa intervista non pubblicata.
Classificatela ma soprattutto valutatela voi.
Un saluto a Gianlu,un amico di play.

Si ringrazia inoltre Ryo,per averci aiutato a scegliere le domande per questa intervista.
Vi consigliamo di leggere alcuni commenti di Ryo nei vari post(vedi " Il call center gay? .. " ecc),ma soprattutto vi consigliamo il suo blog
: Diario di un emigrato Sardo in Germania

Visitatelo,e lasciate commenti!

Un saluto a te Ryo,a Deny,e alle coperte stile "vasca da lavoro"!

This is Call Center?

Vari punti di vista ,sui Call Center, di operatori che hanno provato questo mestiere e ne sono rimasti "gradevolmente" colpiti.
Aiutaci anche tu ad arricchire il post con altre storie vissute in prima persona o trovate sul web.
Rammentiamo di riportare i link in cui si trovano le testimonianze.


La segretaria

Caro Direttore,
due settimane fa ho compiuto 42 anni.

La mattina del mio compleanno mi sono alzato ed ero un po' giù di morale. Sono andato a fare colazione sperando che mia moglie mi dicesse "Buon Compleanno!" e mi facesse una sorpresa dandomi un regalo. Invece mi ha detto solamente:"Buongiorno".
I miei figli si sono seduti a tavola e l'unica cosa che mi hanno detto è stata: "Abbiamo bisogno di un aumento della paghetta !". Così sono andato a lavorare ancora più depresso.
Appena entrato in ufficio, pero', la mia segretaria (25enne e carina) mi è venuta incontro esclamando: "Buon Compleanno!".
Mi sono sentito subito meglio: per lo meno qualcuno se ne era ricordato!

Ho lavorato normalmente fino a mezzogiorno quando la segretaria mi ha chiamato proponendomi di andare a mangiare insieme; ho accettato dicendole che era la proposta migliore che potesse farmi. Abbiamo scelto un ristorante molto accogliente, abbiamo mangiato con calma e poi siamo andati da un'altra parte a bere un drink.
È stato tutto molto bello e mentre tornavamo in ufficio la segretaria mi ha detto: "Visto che oggi è un giorno speciale, perché anziché tornare subito al lavoro non andiamo a casa mia a rilassarci un po'?".

Le ho risposto allibito che era un'ottima idea.
Appena entrati nel suo appartamento, lei mi ha detto: "Se non le dispiace desidererei mettermi qualcosa di più comodo." Io le ho risposto che non c'era alcun problema... e così se ne è andata in camera sua.
Dopo tre minuti ne è uscita .... con una grande torta di compleanno, seguita da mia moglie, dai miei figli e dai miei amici con i quali cantava in coro: "Tanti auguri a te, tanti auguri a te!", mentre io ero in piedi in mezzo al salotto, nudo, con addosso solo un paio di calzini corti.

Adesso mi dica:
Le sembra giusto che io non abbia la possibilità di licenziare quella testa di cazzo della mia segretaria?

Don Ettore Cannavera -Un pensiero da "La Collina"

Precariola - Associazione 5 Novembre - Precarinlinea unite per intervistare Don Ettore Cannavera , fondatore della comunità di accoglienza "La Collina" ,rivolta a giovani-adulti, di età compresa tra i 18 ed i 25 anni, che vengono affidati dalla Magistratura di Sorveglianza come misura alternativa alla detenzione.



No Cav day

Vamos con lo "STRUSCIO"

COME OTTENERE FACILMENTE QUALCOSA IN AMBITO LAVORATIVO CON MOVENZE HOT O ATTEGGIAMENTI UN PO' PICCANTI....

ATTENDIAMO VOSTRI RACCONTI

SCHIAVI MODERNI di BEPPE GRILLO

Di Joseph E. Stiglitz
premio Nobel per l’Economia

Caro Beppe, dall’Italia mi giungono notizie allarmanti: la legge sul primo impiego viene ritirata in Francia dopo poche settimane di mobilitazione studentesca e da voi la legge 30 resiste senza opponenti dopo anni.
Permettimi allora una breve riflessione. Nessuna opportunità è più importante dell’opportunità di avere un lavoro. Politiche volte all’aumento della flessibilità del lavoro, un tema che ha dominato il dibattito economico negli ultimi anni, hanno spesso portato a livelli salariali più bassi e ad una minore sicurezza dell’impiego.
Tuttavia, esse non hanno mantenuto la promessa di garantire una crescita più alta e più bassi tassi di disoccupazione. Infatti, tali politiche hanno spesso conseguenze perverse sulla performance dell’economia, ad esempio una minor domanda di beni, sia a causa di più bassi livelli di reddito e maggiore incertezza, sia a causa di un aumento dell’indebitamento delle famiglie. Una più bassa domanda aggregata a sua volta si tramuta in più bassi livelli occupazionali.
Qualsiasi programma mirante alla crescita con giustizia sociale deve iniziare con un impegno mirante al pieno impiego delle risorse esistenti, e in particolare della risorsa più importante dell’Italia: la sua gente. Sebbene negli ultimi 75 anni, la scienza economica ci abbia detto come gestire meglio l’economia, in modo che le risorse fossero utilizzate appieno, e che le recessioni fossero meno frequenti e profonde, molte delle politiche realizzate non sono state all’altezza di tali aspirazioni. L’Italia necessita di migliori politiche volte a sostenere la domanda aggregata; ma ha anche bisogno di politiche strutturali che vadano oltre e non facciano esclusivo affidamento sulla flessibilità del lavoro. Queste ultime includono interventi sui programmi di sviluppo dell’istruzione e della conoscenza, e azioni dirette a facilitare la mobilità dei lavoratori. Condivido l’idea per cui le rigidità che ostacolano la crescita di un’economia debbano essere ridotte. Tuttavia ritengo anche che ogni riforma che comporti un aumento dell’insicurezza dei lavoratori debba essere accompagnata da un aumento delle misure di protezione sociale. Senza queste la flessibilità si traduce in precarietà. Tali misure sono ovviamente costose. La legislazione non può prevedere che la flessibilità del lavoro si accompagni a salari più bassi; paradossalmente, maggiore la probabilità di essere licenziati, minori i salari, quando dovrebbe essere l’opposto. Perfino l’economia liberista insegna che se proprio volete comprare un bond ad alto rischio (tipo quelli argentini o Parmalat, ad alto rischio di trasformazione in carta straccia), vi devono pagare interessi molto alti. I salari pagati ai lavoratori flessibili devono esser più alti e non più bassi, proprio perché più alta è la loro probabilità di licenziamento.
In Italia un precario ha una probabilità di esser licenziato nove volte maggiore di un lavoratore regolare, una probabilità di trovare un nuovo impiego, dopo la fine del contratto, cinque volte minore e fino al 40% dei lavoratori precari è laureato. Ma se li mettete a servire patatine fritte o nei call-center, perché spendere tanto per istruirli?

QUALE CGIL?



Ho sempre pensato di partecipare alla Conferenza di organizzazione della CGIL, e per via del mio carattere deciso e determinato non ho certo intenzione di rinunciarci. Senza nulla togliere a chi invece partecipa, anche senza volerlo.
Sono una presenza o un’assenza indiscreta, come preferite: ma ci sono.
Il mio brevissimo passaggio in associazione, ormai tutti lo sanno, è stato intenso. Di quel passaggio sento ancora forte il peso, ancora ne avverto le emozioni, per sempre ne vivrò la gioia.
Perché fare sindacato è, deve essere gioia di offrire tutto se stessi al mondo del lavoro, alla società, alla famiglia. Commettere l’errore di pensare di essere giunti alla meta solo nel momento in cui si è conclusa una trattativa aziendale difficile è la cosa peggiore che tutti noi possiamo immaginare che ci accada. Credo anzi che sia l’ultima delle cose che un bravo sindacalista deve preoccuparsi di saper fare. E’ la buona condotta che è difficile da acquisire, è nell’apertura culturale il salto di qualità, è la cultura da inseguire, da acquisire, da diffondere. Nella vita può sempre capitare un colpo di fortuna che riguarda solo noi, circoscritto, limitato alla nostra sfera, mai potrà capitare di cambiare il ciclo della vita o di essere protagonisti di un cambiamento che coinvolga sfere più ampie della nostra se non si lavora col cuore e con la mente, in un insieme di regole e slanci di passione che solo una visione della vita aperta possono dare.
Questo l’ho imparato in CGIL.
Ed è questa CGIL che porto sempre con me e a cui non voglio rinunciare: quella fatta di cuori e menti illuminati. Quella che ride e piange tra il fumo delle sigarette. Quella che corre per non perdere l’aereo che ci riporta a casa. Quella che urla contro il precariato, quella che lo condanna davvero. Quella che non vuole invecchiare mai e magari non si tinge i capelli perché è giovane dentro; quella che ha sempre tempo. Quella che studia perché “volli, sempre volli, fortissimamente volli”. Quella che non si da per vinta. Quella che ha figli e figli di altri figli, e li cura tutti allo stesso modo, e a tutti vuole bene uguale. Quella delle fotografie senza le corna, ma tutti sorridenti. Quella che facciamo quadrato. Quella della lotta collettiva, motivata, consapevole, giusta. Quella che il valore è un valore, il merito è un merito. Quella che siamo tutti uguali. Quella che ti fa pensare “ma chi me l’ha fatto fare”, e poi lo rifai. Quella che essere lì, tutti insieme, vorresti che non finisse mai. Quella che ogni abbraccio è infinito. Quella che cammina tra la gente, quella dei luoghi di lavoro, quella delle fabbriche.
Quella che andarsene è stato un tuffo al cuore, quella che la nostalgia è sempre lì, quella che non riesci a dirlo perché hai il nodo in gola.
Questa è la CGIL che cambia il mondo, questa dovrà essere la CGIL del futuro. Ancora grazie.
Claudia Sechi

Leggi-canaglia

Una tranquilla giornata criminale
di Antonio Manzini Da MicroMega
Avevo appena finito di massacrare mia moglie sbattendole la faccia contro lo stipite della porta (1) quando la vicina suonò il campanello di casa mia. Le aprii, voleva sapere il perché di tutto quel bordello. La presi a ceffoni e me la scopai seduta stante sulla poltrona di nonna buonanima (2) che tengo in ingresso per ogni evenienza. Le strappai la borsa (3) e uscii di casa rilassato per affrontare la mia giornata di lavoro quotidiano. Dentro la borsa solo venti euro. ‘Sta pezzente. Buttai tutto nel cassonetto. Non so, forse avevo esagerato con la sambuca nel caffè, ma quella mattina la testa girava come una giostra di calcinculo. In più mi ero scordato di mettere le lenti a contatto e gli occhiali mi s’erano rotti mentre trombavo la vicina. Presi lo stesso la macchina e imboccai la Cristoforo Colombo. Non vidi la vecchia col girello che stava attraversando sulle strisce e la speronai col muso della mia saab (4). Guardai nello specchietto retrovisore. Stava per terra e non si muoveva più, ma che col cazzo che mi fermai (5). Speravo solo non mi avesse rovinato il parafango che avevo appena cambiato per soli 700 euro, ma si sa i pezzi di ricambio della saab sono i più costosi sul mercato. Prima di andare nel mio ufficio decisi che era il caso di fare una puntatina da Gigi, il macellaio di via Ostiense. Quando mi vide entrare sbiancò. Io non dissi un parola. Tirai fuori la beretta che m’aveva regalato er Ciancicone (6) e la posai guardandolo sul bancone del negozio.
“Antò, me devi scusa… ma io adesso…”“Hai rotto er cazzo.” Gli dissi “che c’eravamo detti?” gli avevo prestato settemila euro una settimana prima. E ora me ne doveva 14 mila (7) regolare, secondo le norme dei prestiti gli avevo chiesto anzi una percentuale di due punti più bassa rispetto a Pietro er Molosso. Mi guardò. “Nun ce l’ho Anto’”“E vabbè. Io torno stasera. Ma stasera so’ 23 mila. Statte bene”
Uscii dal negozio. Solo che avevo bisogno di soldi, nel pomeriggio dovevo pagare l’anticipo a Giògiò e ai Mileto per entrare nell’affare. Tre camion aspettavano fermi sul GRA per scaricare la roba nella cava della Tiburtina e io non mi volevo far scappare l’affare. Dove le ritrovi duecento tonnellate di rifiuti radioattivi da smaltire (8) oggi la concorrenza è sleale. Allora mi infilai gli occhiali e entrai nell’ufficio postale. Tirai fuori la pistola coi numeri limati e prelevai tranquillamente una trentina di migliaia di euro (9). Avevo i soldi per Giogiò. Giogiò era proprio un caro amico. Due settimane prima c’eravamno fatti l’appartamento di suo zio, che era un collezionista, abitava in un attico a Trastevere senza allarmi. (10) C’eravamo conosciuti un anno fa, quando tenevamo segregata la figlia dell’industriale dei biscotti e avevamo usato casa di mia nonna buonanima per nascondere quella scassacazzi viziata (11). Giogiò è proprio un grande. Lui mi ha insegnato a fare entrare le albanesi (12) in Italia e metterle sulla strada a fare i soldi (13). Solo che è un business che lascio volentieri, non appena Paolo mi dice come sono andate le nostre cose…
Potevo andare in ufficio tranquillo a fare il mio lavoro.
Accesi il mio pc e mi scaricai una dozzina di film in prima visione (14). Poi mi ricordai del portiere del mio stabile. Era vecchio e ignorante, gli avevo appena soffiato temila euro (15) per dargli in cambio un po’ di quei ragazzini nudi sui quali la sera lui ci si ammazzava di seghe. Mi feci un giro e stampai una trentina di foto per Pierino (16) e mi domandavo che ci trovava nei ragazzini che facevano porcate ai vecchi? Ma a lui piacevano e pagava bene. Tanto basta, no? Aprì la porta del mio box il mio vecchio amico Paolo. Raggiante. La cosa era andata in porto. Ce ne andammo al bar Palombini a festeggiare. La nostra società non esisteva più. Eravamo riusciti a vendere 12 appartamenti di cui non eravamo proprietari grazie a un finto notaio che ci fece gli atti (17) poi Paolo stamattina aveva trasferito tutti i soldi a Nassau e ora, tranquillo, nel pomeriggio poteva andare a dichiarare bancarotta (18). Una roba da due milioni a testa. C’era da stare tranquilli per parecchi anni. Nessuno ci avrebbe visto né avrebbe saputo della nostra partenza per le lontane isole. Avevo due passaporti maltesi fatti dar cecato, il migliore sulla piazza (19), che avrebbero fatto perdere le nostre tracce. Era il momento di lasciare il paese per un po’.
Trovai casa vuota e un biglietto di mia moglie. Se n’era andata, la stronza. La cattolica dei miei coglioni. Però sei settimane prima quando ho portato sua figlia a casa di Lucrezia a sgravare quello schifo che si teneva in pancia, dov’erano le sue convinzioni religiose? (20) Vabbè, vai a fare del bene.
Prima di partire preparai una valigia e i documenti coi piani dell’azienda per cui lavoravo. Li avevo trafugati di notte grazie sempre a Giogiò e ora me li pagavano una discreta sommetta. Chiusi tutto in una busta e uscii a spedirla. Mi ricordai il macellaio. Ma ormai era notte e aveva già chiuso. Mi toccò andare a prendere una tanica di benzina e dargli fuoco al negozio (21) sticazzi dei ventimila euro, una spiaggia bianca e due milioni di euro mi aspettavano a nove ore di volo da Fiumicino.
Mentre portavo la mia saab all’aeroporto riflettevo sulla mia vita. Su come le cose si fossero messe bene. Gettai la sigaretta dal finestrino. Potevo andare a pensare che avrei scatenato il più grande incendio della pineta di Castelfusano di tutti i tempi? (22)
Finalmente al gate mi sedetti insieme a Paolo a sfogliare il Messaggero, che è l’unico giornale che riesco a leggere. E lessi. Avevano appena fatto una nuova legge che mi sembrava molto interessante. Paolo mi disse che non c’era più niente da temere. E che finalmente l’Italia stava diventando un paese come dio comanda grazie a quest’uomo che ci dava una mano concreta, mica chiacchiere. Berlusconi. Io penso che ce l’abbia mandato la provvidenza. Potevo tornare in Italia e stare tranquillo, continuare i miei affari, vivere felice e e libero in un bel paese democratico. Certo, mi sarebbe piaciuto aggiustare quel processo che ancora pendeva sulla mia testa, quando avevo corrotto un giudice patrimoniale (23). Ma poi scoprii che anche quello era un pensiero che non avevo più.
Incredibile, ero nella stessa situazione del primo ministro. Mi sentii veramente importante se avevo gli stessi cazzi giudiziari che aveva lui, coi suoi miliardi e il suo potere. Mi si gonfiò il petto d’orgoglio. Ero sulla strada giusta. Chissà, magari un domani, su quella sedia a Palazzo Chigi…vabbè, non corriamo con la fantasia. Ci penserò dopo, al rientro, mi dissi. Intanto una vacanzina a Nassau non me la toglieva nessuno. Me l’ero meritata ecchecazzo!


1) Maltrattamenti in famiglia
2) Stupro e violenza sessuale
3) Furto con strappo
4) Omicidio colposo per norme sulla circolazione
5) Omissione di soccorso
6) Porto e detenzione di armi calndestine
7) Usura
8) Traffico di rifiuti e associazione per delinquere
9) Rapina
10) Furto in appartamento
11) Sequestro di persona
12) Immigrazione clandestina
13) Sfruttamento della prostituzione
14) Reati informatici
15) Circonvenzione di incapace
16) Detenzione di materiale pedo-pornografico
17) Falsificazione di documenti pubblici
18) Bancarotta fraudolenta
19) Detenzione di documenti falsi per l’espatrio
20) Aborto clandestino
21) Incendio
22) Incendio boschivo
23) Corruzione giudiziaria

Ebetolandia -Orrori ortografici da correggere-

In questo post verranno inseriti tutti quei commenti squallidi che tendono a correggere gli errori ortografici degli altri commentatori.
Per adesso,simpaticamente,riporteremo i commenti dagli altri post,cercando di far comprendere ai visitatori fino a quanto si possa cadere in basso.
Ed è qua,ad Ebetolandia,che questi commentatori possono trovare casa,sposarsi,e vivere felici,realizzandosi.
Si,quà continueranno indisturbati a fare le loro "porche" correzioni,senza rovinare,sterilizzandole,le discussioni degli altri post.
Un chiaro esempio è il manifesto diffuso da uno dei tanti pseudocolti : "PIU' TI AVVELENI PIU' MI DIVERTO"

Noi non creiamo post per simili disturbatori.

Leccaculo e offrigelati


Dedicato a due dei temi trattati maggiormente negli ultimi periodi in tutti i post.Sperando che i commenti rimangano circoscritti a questo post,e non dilaghino negli altri.

Saluti da Precariola.

…Il call center gay? ..

Qualcosa di cui poter parlare e sparlare tra una telefonata e l'altra...


Il call center gay? ..Leggenda metropolitana o nuova figura-icona del multivariabile repertorio gay? ..Non so.. Però riflettendoci è incredibile non poter prendere in considerazione che il telefonista-venditore è entrato prepotentemente nella realtà gay… Oggi viviamo tutti una situazione di precariato quanto assurdo quanto travolgente.. ma è anche vero che la percentuale di telefonisti e telefoniste gay è in continuo aumento.. e l’ironia che contraddistingue il popolo gay ne fa un fenomeno non solo di denuncia ma un vero e proprio fenomeno di costume che diventa un qualcosa a cui ispirarsi e di tendenza… Penso alla telefonista del callcenter di Markette…
Un tempo era il fenomeno disco… Oggi è il fenomeno callcenter che si candida come nuova icona gay... E si sa.. metti anche solo due gay insieme e il tuo posto di lavoro diventa un pride…
Ragion per cui in contemporanea con il Pride di Bologna ho colto l’occasione per scrivere di questo fenomeno che farà sicuramente parlare e perché no anche sparlare…
Oggi le realtà gay entrano prepotentemente nel quotidiano. E’ evidente la volontà di cambiare con la richiesta di leggi che tutelino questi nuovi cambiamenti, le nuove unioni e le nuove famiglie. Un tempo parlare di omosessualità era più che un tabù.. Dagli anni cinquanta però anche se in ombra, c’è una gran voglia di parlarne; grazie ai nostri padri e madri attivisti gay, alla televisione e all’arte, alla moda e alla carta stampata, il mondo intero comincia a guardare a quel mondo carico di ironia, colore e patinato promuovendolo come fenomeno di costume. Basti pensare al glam rock.. dove non esisteva più la distinzione tra maschile e femminile anche se in un mondo ancora troppo virtuale dove ancora non si parlava apertamente di omosessualità. Ma era già una porta aperta… Dalla moda alle dragqueen, da Andy Warhol agli anni Ottanta però tutto spruzzava di fenomeno gay.. Il gay power era solo all’inizio
Oggi molto è cambiato.. Il mondo gay è sceso in piazza per chiedere ed ottenere i suoi diritti di riconoscimenti e di tutela… Molto è stato fatto.. ma i traguardi sono ancora tanti da raggiungere.. Pensiamo alle differenze legislative che vive il nostro bel paese a confronto con la cattolicissima Spagna… Lo stato-chiesa è veramente così tanto potente da mettere bocca su realtà che devono avere il proprio riconoscimento legislativo? Pensiamo anche a quanto la Sinistra della vecchia legislatura ha rallentato i tempi per l’emanazione di leggi che rappresentavano un punto forte all’interno della loro campagna politica… o al trattamento veramente poco dignitoso che ha avuto l’onorevole Luxuria all’interno del Parlamento e nel suo lavoro da parlamentare… Ma perché è ancora difficile superare questa soglia? ..Mi ricordo ancora il mio primo Pride… Nel duemila a Roma… Se ne parlava come se Roma avesse aperto la Porta Santa al demonio… Ma che figura ci facciamo davanti al mondo intero?
..Cosa dice invece il nuovo governo sulle realtà gay?
L’onorevole ministro delle Pari Opportunità ex soubrette (…e forse ci piaceva di più) Mara Carfagna dice che “i gay non sono più discriminati.. per cui non si può pretendere per le coppie omosessuali riconoscimenti simili a quelli garantiti alle famiglie, né patrocini del governo a manifestazioni che corrispondono più a logiche esibizioniste che ad altro..” Per non parlare quando in materia di Dico definiva gli omosessuali “costituzionalmente sterili” per il fatto che non procreano e quindi non possono costituire una coppia o tanto meno una famiglia… O quando invitò l’onorevole Luxuria a operarsi per non aver più il problema di quale bagno del Parlamento usare…
Alla faccia dell’Omofobia… Ma veramente gli italiani si sentono rappresentati da un ministro che spara così tanto a zero? E il nostro Presidente del Consiglio che dice? ..Sorride… ricordo solo un suo intervento sotto forma di barzelletta su cui definiva l’aids un pesticida per i gay…
Che ridere….. Potrei stare male.. Ma come dargli torto.. ha pure un numero considerevole di sostenitori gay capeggiati da Signorini… Forse meglio dire.. Che culo!…
Ho fatto questo lungo discorso perché incide veramente tanto la realtà politica su quello che offre il mercato del lavoro, e l’assenza di leggi che tutelino gli omosessuali fa sprofondare tutto ciò nella situazione di instabilità a cui oramai siamo abituati un po’ tutti… Facciamoci due risate comunque alla faccia loro… Il pregiudizio è ancora tanto pesante per chi vive questa situazione e chi ci ascolta, ma lavorare attraverso un filtro telefonico rende decisamente più facile sopravvivere in un paese che non tutela le realtà che cambiano… E così si diventa star dell’apparecchio telefonico… Incondizionatamente.. Senza pudore…Cercando di ascoltare, capire e colpire.. trasformandosi ogni volta nella voce che tutti aspettiamo.. Come una maschera, un vestito… Questa è la figura-icona che ne viene fuori…
Un po’ come avviene a teatro, come vivere un personaggio… per dimenticare anche la pressione mentale di questo lavoro.. e avendo un’icona come la Raffa nazionale che del telefono ne ha fatto più che uno status di espressione unica e irriverente.. per non parlare delle ragazze di Non è la rai.. quello che ne viene fuori è un ritratto tagliente, incisivo, diretto e accattivante senza precedenti…
Ho visto operatori telefonici diventare iene al telefono… mostri di venditori capaci di far scuola all’interno dei loro callcenter a casalinghe, laureati, studenti… tutte le categorie sociali. Operatori telefonici che chissà perché son tutti gay…
La loro arma vincente..? Charme.. Fascino.. e Seduzione…. Che tradotto in conti di fine mese significano tanti soldi….
In anni in cui Sex and the City diventa un vero e proprio manuale di sopravvivenza.... riuscirci ai giorni nostri diventa un’odissea… Il caro vita incombe e aspettare un assegno familiare o qualsiasi altro contributo sociale per un facente parte di una società che il governo non tutela e a cui non fa sconti nemmeno sulle tasse è veramente poco chic… cosi il motto diventa:
“Non prendetevela… Prendetevi tutto…”
e il callcenter è uno dei tanti luoghi dove applicarlo…

Cosa dire in conclusione…? Mi piacerebbe che questo piccolo articolo non rimanesse solo uno dei tanti… Uno sfogo o una finestra aperta e già richiusa per la valanga di pensieri che vi potrebbe travolgere… Spero però che tutto il mio discorso sia servito abbastanza per colpirvi nel vivo…
Per cui la conclusione la lascio a voi.. Avete la possibilità di lasciare tutti i commenti che volete.. Essere spudorati… ironici… Spietati… Buon divertimento…

Andrea Mascia

La vita nei call center tra soprusi e produttività

Spazio alle denunce sul blog

di Roberto Guidi*


La generazione dei call center vive l’era della legge 30, nella completa incertezza di un futuro che non arriva mai, e riesce ad avere solo occasioni di lavoro poco qualificate, poco retribuite, poco stabili e poco tutelate, con ricorrenti e prolungati periodi di totale assenza di lavoro e di reddito.
La memoria storica ci riporta indietro nel tempo, almeno a cento anni fa, nell’era del caporalato, quando i lavoratori si dovevano alzare alle tre del mattino per andare nelle piazze dei paesi, dove il padrone o chi per lui, li sceglieva dopo un attento esame, e li caricava nei carri anche sulla base del fatto che non fossero rompiscatole, e si limitassero, in silenzio, e talvolta con la violenza, a lavorare a cottimo.
La crisi della percezione dei diritti esiste sopratutto in quelle realtà che vivono schiacciate da continui controlli di produttività, come le aziende outbound. Un deserto culturale di individualità, dove la buona notizia della sentenza della Corte di Cassazione che impone il diritto ad un contratto di lavoro subordinato, non ha cambiato ancora nulla. Ma non dimentichiamoci dell’inbound, dove 200 dipendenti del call center Telecom della Gemini rischiano per la quarta volta di perdere il lavoro, anche se esiste e si è sviluppata una maggiore coscienza collettiva e sindacale, grazie all’applicazione del contratto collettivo.
La percezione che il precario telematico ha del sindacato è quella di un’entità troppo complessa per intercettare e rivendicare i suoi diritti. L’avvicinamento al sindacato, in questo caso alla categoria Nidil, spesso è legato esclusivamente alla gestione di questioni vertenziali nei confronti del datore di lavoro, questioni individuali, che non danno la possibilità di sviluppare una cultura collettiva del valore sociale del lavoro. La Cgil può dare un forte e significativo contributo nel percorso di costruzione e sviluppo di un movimento dei precari telematici, ricercando e sperimentando forme nuove di intervento nei conflitti sociali. Un lavoro di inchiesta e di riflessione collettiva, anche attraverso forme intermedie, indirette e orizzontali. Proviamo a costruire Interventi costanti e permanenti, come una conferenza sul mondo dei call center, un momento di studio, di partecipazione, e (perché no?) anche di festa. Abbandonando le certezze e le ricette precostituite, attraverso l’ascolto dei bisogni, di chi si trova nelle medesime condizioni di vita lavorativa, possiamo portare il sindacato a riconquistare la sua capacità attrattiva nelle lotte per i diritti sociali, identificando collettivamente i lavoratori dei call center e contemporaneamente indagando la composizione del mondo del lavoro precario.
Due mesi fa, con alcuni colleghi precari, abbiamo cominciato questo percorso, creando un blog, http://precarinlinea.blogspot.com/ che ha come obiettivo la creazione di una rete orizzontale e informale dei precari dei call center di Cagliari. Vorremmo articolare uno spazio di dialogo, confronto e fantasia con chiunque faccia parte di questo mondo, chi si sente sfruttato, o felice di lavorare a progetto. Tutti possono scrivere e raccontare le loro storie, anche chi dirige o è proprietario di un call center.

* precario call center

Da "L'Altra Sardegna" Maggio '08

La vita nei call center tra soprusi e produttività

Manuale di sopravvivenza per precari cronici
di Marco Maffei*


Disperazione, carriera fallita, bollette, affitto e tasse universitarie: chi lavora nei call center può avere molte motivazioni. E’ il solo lavoro dove vieni assunto quasi sempre, anche senza curriculum. Un settore perennemente in cerca di personale. Gli operatori outbound, prevalentemente donne, hanno un’età che varia dai venti ai cinquant’anni, la maggior parte ha un’istruzione media superiore. Molti sono alla prima esperienza lavorativa, altri hanno già fatto gavetta nel campo, lavorando mesi o anni in altri call center. Pensare a una sala con tante postazioni occupate da laureati, con lunghi curriculum e grandi capacità, può essere sconfortante. Ma solo se non si ha idea di cosa sia in Sardegna il mercato del lavoro.

Nella maggior parte dei call center outbound, non c’è possibilità di crescita, né immediata, né a lungo termine, anche se nel colloquio ti viene garantita una grande opportunità di progredire. Magari potrebbero capitare determinate forme di nepotismo o favoritismo, ma sono situazioni assai rare.

Gli operatori sono l’ultima ruota del carro. Vengono affiancati dai team leader,che hanno il compito di coadiuvare e facilitare gli operatori nello svolgimento del loro lavoro. A capo del coordinamento dei team leader, c’è un supervisor, mentre al vertice aziendale c’è il call center manager, una figura che determina le linee guida della gestione aziendale. Il committente, titolare dell’azienda, acquisisce le commesse direttamente dalle grandi imprese fornitrici, oppure da call center terzi. Nella maggior parte dei casi i team leader e i supervisor sono ex operatori che dopo anni di telefonate e gavetta sono cresciuti, soprattutto all’interno della stessa azienda. Dopo il fardello del contratto a progetto, il rapporto con queste figure lavorative rappresenta spesso per gli operatori un conflitto costante. Pretendono il massimo per ciò che riguarda professionalità, serietà, impegno, ma soprattutto produzione. Negli anni di esperienza nei call centers outbound, ho avuto la possibilità di conoscere molti team leader e ho notato che spesso non sanno come motivare l’operatore, allora pensano di riuscirci urlandoci contro, facendoci stare ancora peggio. In alcune aziende la strategia più utilizzata è quella di ignorarci, smettere di parlarci, finché non riacquistiamo la produttività perduta. In assenza di tutele nel settore outbound, la dimensione del lavoratore del call center è concentrata in forme di approccio individualistiche ed egoistiche: da un lato gli operatori altamente produttivi, dall’altro quelli scarsi. C’è chi in silenzio difende lo stato di cose, ma quelli che alzano la voce, lo fanno creando un dialogo individuale con il datore di lavoro, quasi mai coinvolgendo il sindacato. Chi si ribella, non solo può essere visto in maniera negativa dai coordinatori di sala, ma anche dagli operatori stessi. Il futuro delle migliaia di lavoratori e lavoratrici dei call center outbound cagliaritani, deve necessariamente passare per il superamento dei contratti a progetto e la stabilizzazione. Solo estendendo i diritti con l’applicazione dei contratti nazionali potremmo riacquistare un’identità collettiva e una coscienza sociale.
* precario call center
Da "L'Altra Sardegna" Maggio '08

Politika & Antipolitika















Un intervista fuori dal comune!
Abbiamo intervistato due operatori;il compagno Loddo e il professor Mascia.
Quello che abbiamo ottenuto è un'intervista interessante con risposte argute e divertenti.

Un ringraziamento particolare a Mister Giorgio per il suo apporto tecnico.
Grazie Giorgio.

IL MONDO DEI CALL CENTER E LA POLITICA

In quale misura la politica è presente e dibattuta all'interno dei call center?
Qual'è il livello di interesse per le vicende politiche che riguardano da vicino noi operatori telefonici?

Parlando per esperienza diretta, posso tranquillamente affermare che prevale un grande disinteresse nei confronti della politica odierna all'interno del mondo dei call center. Questo è quel che forse accade anche in altri ambiti lavorativi, ma la situazione dei call center rappresenta a mio avviso lo specchio dell'odierna società italiana, soprattutto per il tessuto sociale che costituisce il call center: si va dagli studenti che hanno rinunciato ad una carriera universitaria per immettersi subito nel mondo del lavoro, agli studenti che alternano i loro studi universitari a qualche ora lavorativa come operatori telefonici, per giungere alle signore che oltre a dedicare il loro tempo alla casa e alla famiglia trovano nel call center una realtà lavorativa che permette loro di guadagnare qualche soldo utile per le spese familiari, oltreché di farle stare a contatto con la gente, telefonicamente e non; per finire con chi, perchè particolarmente portato o perchè non trovando un lavoro migliore, ha sposato il mestiere di operatore telefonico come "lavoro della vita"... una sorta di Babele dei lavoratori insomma!

L'ambiente del call center è lo specchio di una società che esprime un profondo disinteresse nei confronti delle decisioni politiche prese dai nostri parlamentari, viste quasi come attività per pochi eletti (in senso figurato e non). Non ci si rende conto invece di come tali decisioni prese in ambito governativo gravino pesantemente sulla testa dei lavoratori, specie su coloro che, assunti con contratti CO.CO.PRO. come la gran parte degli operatori telefonici, subiscono le diverse angherie insite nella legge 30 che riguarda loro da vicino.
Vi è al momento quasi una sorta di generale convinzione che gli affari politici siano un qualcosa di distante dalla vita quotidiana, e non ci si rende conto dell'importanza che riscuotono molte delle decisioni prese in sede governativa, soprattutto quelle d'ambito lavorativo.

Ci vorrebbe parecchio tempo per annoverare tutte le volte in cui ho dovuto raccogliere da terra i gioielli di famiglia di fronte ad alcune affermazioni che riguardavano la politica attuale, espresse all'interno del call center in cui lavoro da colleghi che sicuramente erano male informati sulle vicende politiche di più stretta attualità... Parafrasando Blade Runner in maniera del tutto personale, potremmo dire che "ho sentito cose che voi umani non potete sentire".
Il culmine in questo senso è stata una discussione avuta qualche mese fa con una collega di lavoro al call center. Alla mia affermazione secondo cui "Damiano si stava dando da fare per stabilizzare un buon numero di operatori telefonici", mi sono sentito rispondere dalla mia collega: "e chi è questo Damiano?"
... Ora: rendiamoci conto della situazione: un lavoratore che non conosce il Ministro del Lavoro è l'apice del disinteresse politico, oltreché una conferma di quanto vado affermando.

Sia chiaro: la mia critica non deve passare né per una manifestazione di alterità intellettuale o politica né altresì per un attacco gratuito rivolto alla collega in questione, che rappresenta solo un esempio fra tanti, questa è solo una realtà di fatto che testimonia cosa sia diventata l'Italia oggigiorno: una nazione di gente che conosce maggiormente i partecipanti ad AMICI di Maria de Filippi rispetto alle più alte cariche istituzionali. Vanno fatti gli opportuni distinguo, perchè non amo generalizzare e devo ammettere che mi è capitato anche di avere discussioni interessanti con altri colleghi all'interno del call center, ma la realtà che prevale è quella pocanzi descritta.

Auspico in futuro un maggiore interesse verso la politica da parte degli operatori telefonici, e di tutti i lavoratori italiani in generale... ma non un interesse nei confronti della politica del talk show a cui si assiste quotidianamente facendo zapping col telecomando, fatta di accuse e smentite da parte di una classe politica che mai come adesso in tutta la storia della Repubblica Italiana è stata distante dai cittadini.
Occorre piuttosto spegnere la TV, in mano oramai ad una sola persona,sia per quanto riguarda la TV privata che per quella di Stato (la famosa intercettazione telefonica Berlusconi - Saccà che si trova pure su YouTube ne è testimonianza inconfutabile) e occorre documentarsi maggiormente attraverso Internet, un media che proprio perchè a disposizione di tutti permette ancora alle idee di poter circolare liberamente (sia chiaro, esistono forme di censura anche in questo senso attraverso restrizioni apportate ai motori di ricerca in mano anch'essi ad alcune lobby di potere, ma rispetto all'informazione televisiva odierna lo scarto in termini di veridicità e imparzialità della notizia è netto).
Concludo citando Bersani, non il Ministro cosa che sembrerebbe più logica dato l'argomento trattato, bensì il cantante bolognese, che in una canzone presente nel suo ultimo album afferma: "noi siamo portatori sani di sicuro precariato"... ecco, io spero che spegnendo la TV e accendendo il cervello, gli italiani possano esserlo sempre meno.

UN OPERATORE TELEFONICO

A. A. A. Call center cerca operatori da maltrattare

Siamo riusciti a convincere una persona che lavora in un call center, dove si usano metodiche disciplinari quanto meno discutibili, a concederci un intervista, seppur in maniera anonima.
Il quadro che ne viene fuori è agghiacciante.

Per motivi che vanno oltre il nostro potere e volere, abbiamo dovuto interrompere la proiezione del video.

Non appena possibile,rimetteremo in linea il video,in modo tale che tutti vengano a conoscenza di quali siano i maltrattamenti subiti dagli operatori nel call-center misterioso.








- Due generazioni a confronto -Rosy e Cristian,madre e figlio nello stesso Call center -





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La rubrica del cuore di M.M.

I commenti riportano svariate tematiche,tutte prevalentemente a sfondo "HOT -HOT-HOT"
Consigliamo ai lettori di pensarci due volte prima di visitare questo post.



Relazioni fra colleghi,storie buffe,litigi,e chi ne ha più ne metta.
Quante se ne vedono,e di quante se ne parla ma soprattutto sparla alle spalle!

Avete storie da raccontare? Aneddoti?
Tiratele fuori e scrivetele.


Ma soprattutto,avete qualche domanda,qualche problema vi attanaglia?
Postatemi la domanda,prontamente vi darò una risposta.

Siete precari? Non ditelo mai alle ragazze !

Un urologo di Firenze ha affermato che la condizione di lavoratore precario avrebbe effetti devastanti su una parte corporea precisa, tipica dei maschietti. Proprio quello a cui Woody Allen alludeva quando diceva «Il cervello è il mio secondo organo preferito». Secondo questo medico stress e incertezze farebbero uno sfacelo dell’orgogli ovirile. Non vi dico neppure le percentuali di guai del tipo “troppo presto” e del tipo “manco per sogno” che secondo questo studio toccherebbero a chi non ha un lavoro sicuro. Tipo “uno ogni due è in un bel guaio”. Ora, per prima cosa io voglio assicurare a tutti i miei amici precari che sono assolutamente convinto che queste statistiche non riguardano loro. Ma consiglio loro, in futuro, quando capitasse di conoscere qualche innamorabile signorina, di mentire spudoratamente sulla loro condizione lavorativa. Capite che, se fino ad adesso la mancanza del posto sicuro poteva essere un problema con quante mirano all’accasamento a breve, con questo studio ci si trova con una cattiva fama anche nelle più occasionali delle relazioni. Quindi alla classica domanda «tu cosa fai?» rispondete
«Sono un bohemien». Presentate il vostro lato artistico. Parlate di genio e sregolatezza, insomma, cose che fanno pensare più a eccessi sessuali che al contrario.

Ora, per equità, attendo con ansia uno studio sugli effetti dello stress sugli urologi.

Da "lapis in fabula" di Chicco Gallus