La vita nei call center tra soprusi e produttività

Spazio alle denunce sul blog

di Roberto Guidi*


La generazione dei call center vive l’era della legge 30, nella completa incertezza di un futuro che non arriva mai, e riesce ad avere solo occasioni di lavoro poco qualificate, poco retribuite, poco stabili e poco tutelate, con ricorrenti e prolungati periodi di totale assenza di lavoro e di reddito.
La memoria storica ci riporta indietro nel tempo, almeno a cento anni fa, nell’era del caporalato, quando i lavoratori si dovevano alzare alle tre del mattino per andare nelle piazze dei paesi, dove il padrone o chi per lui, li sceglieva dopo un attento esame, e li caricava nei carri anche sulla base del fatto che non fossero rompiscatole, e si limitassero, in silenzio, e talvolta con la violenza, a lavorare a cottimo.
La crisi della percezione dei diritti esiste sopratutto in quelle realtà che vivono schiacciate da continui controlli di produttività, come le aziende outbound. Un deserto culturale di individualità, dove la buona notizia della sentenza della Corte di Cassazione che impone il diritto ad un contratto di lavoro subordinato, non ha cambiato ancora nulla. Ma non dimentichiamoci dell’inbound, dove 200 dipendenti del call center Telecom della Gemini rischiano per la quarta volta di perdere il lavoro, anche se esiste e si è sviluppata una maggiore coscienza collettiva e sindacale, grazie all’applicazione del contratto collettivo.
La percezione che il precario telematico ha del sindacato è quella di un’entità troppo complessa per intercettare e rivendicare i suoi diritti. L’avvicinamento al sindacato, in questo caso alla categoria Nidil, spesso è legato esclusivamente alla gestione di questioni vertenziali nei confronti del datore di lavoro, questioni individuali, che non danno la possibilità di sviluppare una cultura collettiva del valore sociale del lavoro. La Cgil può dare un forte e significativo contributo nel percorso di costruzione e sviluppo di un movimento dei precari telematici, ricercando e sperimentando forme nuove di intervento nei conflitti sociali. Un lavoro di inchiesta e di riflessione collettiva, anche attraverso forme intermedie, indirette e orizzontali. Proviamo a costruire Interventi costanti e permanenti, come una conferenza sul mondo dei call center, un momento di studio, di partecipazione, e (perché no?) anche di festa. Abbandonando le certezze e le ricette precostituite, attraverso l’ascolto dei bisogni, di chi si trova nelle medesime condizioni di vita lavorativa, possiamo portare il sindacato a riconquistare la sua capacità attrattiva nelle lotte per i diritti sociali, identificando collettivamente i lavoratori dei call center e contemporaneamente indagando la composizione del mondo del lavoro precario.
Due mesi fa, con alcuni colleghi precari, abbiamo cominciato questo percorso, creando un blog, http://precarinlinea.blogspot.com/ che ha come obiettivo la creazione di una rete orizzontale e informale dei precari dei call center di Cagliari. Vorremmo articolare uno spazio di dialogo, confronto e fantasia con chiunque faccia parte di questo mondo, chi si sente sfruttato, o felice di lavorare a progetto. Tutti possono scrivere e raccontare le loro storie, anche chi dirige o è proprietario di un call center.

* precario call center

Da "L'Altra Sardegna" Maggio '08

7 Comments:

Anonimo said...

Corretto quel che affermi sull'intervento dei sindacati, che dovrebbero farsi carico della tutela degli operatori telefonici in misura maggiore. Ho trovato invece i riferimenti al caporalato del primo novecento eccessivi oltreché anacronistici. Cerca di essere meno apocalittico in questo senso, sebbene tutt'oggi il lavoro abbia molte piaghe che condizionano la vita dei lavoratori non si possono azzardare paragoni di questo tipo, tra due epoche così lontane e così diverse.

Anonimo said...

Mi sento di condividere ciò che dice xxx sull'evidente esagerazione nel confronto storico tra capolarato e precarietà attuale.
Sebbene il lavoro nel call center sia stressante e non abbastanza tutelato non è certo una forma di schiavismo.
Per esperienza mia e di molti altri colleghi poi posso affermare che il sindacato, in molti ambiti lavorativi, non sempre riesce a tutelare il lavoratore

Anonimo said...

Ragazzi,abbiamo superati i 4000!!
Vi ringrazio tanto di tutti i commenti.
Continuate così copiosamente,partecipate di cuore,mi raccomando.
M.M.

Anonimo said...

Hai ragione Carlo, quando affermi che il sindacato, in molti ambiti lavorativi, non sempre riesce a tutelare i lavoratori, per quanto riguarda il settore dei call center c'è un ritardo di anni luce, almeno secondo me, sulla ricerca di tutele adeguate, e sugli strumenti di intervento.

Tuttavia, il sindacato, rimane l'unico soggetto sociale in grado di tutelare i lavoratori. Anche prima della politica e dei tribunali, per quanto riguarda invece, l'evidente esagerazione nel confronto storico tra capolarato e precarietà attuale, ripresa anche dall'anonimo XXX, penso che anche in questo caso avete ragione entrambi, ma non volevo fare nessuna equiparazione storica sul tipo di lavoro, ma semmai di tutele.

Volevo, al contrario descrivere come il novecentesco "cottimo" era una modalità lavorativa per cui la retribuzione è proporzionale alla quantità di lavoro svolto, come nei contratti a progetto dei call center, e volevo evidenziare il dramma delle difficoltà e talvolta dell'impossibilità da parte del sindacato di scardinare la cultura individualista ed egoista, degli operatori telefonici.

apparte il giovane alla prima esperienza di lavoro, lo studente, nel momento in cui la tua vita, il mantenimento dei tuopi figli, il mutuo della casa o l'affitto, il tuo futuro, magari anche la dimensione degli affetti e dei sentimenti, dipendono dalle tue capacità di vendita, secondo me possiamo tranquillamente parlare di schiavismo telematico.

Robi Guidi

Anonimo said...

hai detto bene...

Anonimo said...

da:
http://www.ciao.it/Con_la_C__Opinione_814353

Ciao ragazzi sono tornata con un'esperienza disastrante da raccontarvi.
A metà Gennaio ho deciso di fare un colloquio presso un call center di Cagliari giusto per guadagnarmi qualche soldino, visto che era un lavoro che mi permetteva di studiare tranquillamente.

Questo call center, appunto la Costa Call (situato a Cagliari nel palazzo in vetro con la cupola gialla a Monreale Pirri al 7° piano), per chi conoscesse la zona, si è presentato molto bene ai miei occhi:
situato in un bel posto, molto pulito, spazioso, ben attrezzato e con tantissimi operatori..
Il primo giorno ho fatto un colloquio in cui mi è stato spiegato che venivo pagata per quanti contratti facevo, che i contratti venivano retribuiti 10€ lordi l'uno e che prendevo il fisso di 600€ (sempre lordi) al raggiungimento dei 62 contratti.
Insomma tante belle parole che mi hanno convinta a tornare il giorno dopo per l'ascolto.

L'ascolto in altro non consiste che nell'affiancamento con un operatore più "anziano" che fa sentire la telefonata tipica e che spiega la varie sigle da inserire nelle anagrafiche.
Ah dimenticavo il call center all'epoca lavorava per TELE 2.
Faccio mezz'ora di ascolto per tre giorni di fila..
Al quarto giorno una delle responsabili mi fa il "corso" se così si può definire dato che in mezz'ora mi ha spiegato tutte le offerte Tele 2, mi ha fornito tutto il materiale cartaceo con i vari script e le registrazioni attinenti e mi dice che da lunedì posso iniziare a lavorare.
Il Lunedì torno tutta gasata e mi fanno leggere il contratto e me lo fanno firmare.
Niente di strano, tutto regolare..
poi mi fanno compilare un foglio per l'INPS dicendomi che poi avrei ricevuto di entrambi la copia...
Sto ancora aspettando quella dell'inps dopo vari solleciti..

Comunque dalla prima settimana comincio a notare varie stranezze, gli operatori prendevano a urla e mancavano di rispetto ai clienti, le pause che mi erano state garantite ossia due al giorno di 15 minuti non mi venivano mai date, al max una proprio quando mi vedevano svenire dalla fame.
Ogni sacrosanto giorno prendevamo la sgridata generale per alcune stronzate (scusate il termine) commesse da alcuni operatori, ma le cose diventavano sempre più pesanti e mi sentivo trattata come una bambina delle elementari, ramanzina per aver pasticciato la sedia, per i telefoni, per la carta igienica..insomma uno schifo e purtroppo in tutto ciò c'era un'unica cosa che mi teneva legata a loro..
30 giorni di vincolo nei quali non potevo rescindere il contratto.

Ogni giorno cresceva in me l'ansia di voler scappare e avendo un contratto con nessun vincolo di subordinazione sapevo di poterlo fare e così per mia fortuna ho beccato l'influenza!!
Sono rimasta una settimana a casa tranquilla senza sentire le loro urla quotidiane!!
Allo scadere dei 30 giorni però io avevo raggiunto un bel pò di contratti,per cui dato che mi servivano i soldi ho deciso di tener duro per altri 15 giorni per concludere il mese di febbraio e così a metà marzo avere il mio stipendietto.

Nel frattempo l'aria era irrespirabile lì dentro, succedevano cose a dir poco assurde, una responsabile che ha preso per il collo un ragazzo e lo ha sbattuto fuori con minacce ecc.
I primi di marzo io ho continuato a fare la bella faccia giusto per essere pagata perchè scopro da un mio amico che il Costa Call era rinomato per i non pagamenti..

Succede nel frattempo che trovo un altro call center in cui le persone maltrattate dalla Costa si riversavano, faccio il colloquio e la prova e vedo che l'ambiente è totalmente differente e decido che una volta pagata sarei andata a lavorare per loro.
Nel frattempo la Costa,che ha soltanto truffato i clienti che chiamava perchè a tantissimi operatori non onesti arrivavano mazzi di recessi, dichiara fallimento alla Tele 2 e passa a Tiscali cambiando pue il nome in Pb Comunication, ovviamente noi operatori sopravvissuti ci siamo trovati malissimo i primi giorni, io comunque nonostante avessi già deciso di andarmene continuavo a fare le mie sei ore giornaliere e a fare tanti contratti tra cui vari tutto compreso che mi valevano doppi.

L'altro giorno mi danno la busta paga finalmente..con due assegni di cui uno mi dicono loro stesse essere in nero e che me lo facevano figurare come bonus.
Io sono andata prontamente in banca da un mio amico che mi dice che posso ugualmente cambiare entrambi gli assegni e che nel caso in cui dovesse succedere qualcosa chi ne avrebbe risposto sarebbe stata l'azienda.
L'indomani presento le mie dimissioni...

Sono stata minacciata costretta a non andarmene e praticamente sequestrata.
NON STO SCHERZANDO!!
Mi hanno detto: che io non potevo andarmene (nel mio contratto c'è scritto testuali parole "entrambe le parti possono rescindere il contratto in qualsiasi momento), che dovevo lasciarli un fondo per tutelarsi da recessi(non appare nessuna clausola nel contratto che menzioni ciò), che tanto sapevano dove abitavo, che se me ne andavo me l'avrebbero fatta pagare e che dovevo dare 15 giorni di preavviso(nessuna clausola a riguardo) perchè così loro non mi avrebbero pagata.
Mi hanno fatta tornare in sala alla mia postazione e per sei ore ho dovuto telefonare mentre piangevo perchè non sapevo che fare.
Mi sono sentita piccola e indifesa e davanti alle loro minacce ho ceduto..

Prima di andare via ho dovuto dire "ci vediamo domani..." ho firmato una lettera di dimmissioni che ho consegnato alla segretaria e sono FUGGITA!! oggi ho tenuto il mio telefono spento per evitare che mi chiamassero.
Comunque al più presto andrò all'ispettorato del lavoro per denunciare tutti questi sopprusi.
Ragazzi di Cagliari non andate mai in questo Call Center!!!
Spero di esservi stata utile con la mia pessima esperienza.
ciao a tutti

ginaaaa said...

ciao ascolta ho appana letto la tua esperienza e caso strano io domani ho proprio un colloquio in quel call center nella zona monreale di pirri. Cosa mi consigli di fare sinceramente....Sei al corrente se attualmente la situazione sia cambiata????
Aiutamiii....Ciaooo

Siete precari? Non ditelo mai alle ragazze !

Un urologo di Firenze ha affermato che la condizione di lavoratore precario avrebbe effetti devastanti su una parte corporea precisa, tipica dei maschietti. Proprio quello a cui Woody Allen alludeva quando diceva «Il cervello è il mio secondo organo preferito». Secondo questo medico stress e incertezze farebbero uno sfacelo dell’orgogli ovirile. Non vi dico neppure le percentuali di guai del tipo “troppo presto” e del tipo “manco per sogno” che secondo questo studio toccherebbero a chi non ha un lavoro sicuro. Tipo “uno ogni due è in un bel guaio”. Ora, per prima cosa io voglio assicurare a tutti i miei amici precari che sono assolutamente convinto che queste statistiche non riguardano loro. Ma consiglio loro, in futuro, quando capitasse di conoscere qualche innamorabile signorina, di mentire spudoratamente sulla loro condizione lavorativa. Capite che, se fino ad adesso la mancanza del posto sicuro poteva essere un problema con quante mirano all’accasamento a breve, con questo studio ci si trova con una cattiva fama anche nelle più occasionali delle relazioni. Quindi alla classica domanda «tu cosa fai?» rispondete
«Sono un bohemien». Presentate il vostro lato artistico. Parlate di genio e sregolatezza, insomma, cose che fanno pensare più a eccessi sessuali che al contrario.

Ora, per equità, attendo con ansia uno studio sugli effetti dello stress sugli urologi.

Da "lapis in fabula" di Chicco Gallus