La vita nei call center tra soprusi e produttività

Manuale di sopravvivenza per precari cronici
di Marco Maffei*


Disperazione, carriera fallita, bollette, affitto e tasse universitarie: chi lavora nei call center può avere molte motivazioni. E’ il solo lavoro dove vieni assunto quasi sempre, anche senza curriculum. Un settore perennemente in cerca di personale. Gli operatori outbound, prevalentemente donne, hanno un’età che varia dai venti ai cinquant’anni, la maggior parte ha un’istruzione media superiore. Molti sono alla prima esperienza lavorativa, altri hanno già fatto gavetta nel campo, lavorando mesi o anni in altri call center. Pensare a una sala con tante postazioni occupate da laureati, con lunghi curriculum e grandi capacità, può essere sconfortante. Ma solo se non si ha idea di cosa sia in Sardegna il mercato del lavoro.

Nella maggior parte dei call center outbound, non c’è possibilità di crescita, né immediata, né a lungo termine, anche se nel colloquio ti viene garantita una grande opportunità di progredire. Magari potrebbero capitare determinate forme di nepotismo o favoritismo, ma sono situazioni assai rare.

Gli operatori sono l’ultima ruota del carro. Vengono affiancati dai team leader,che hanno il compito di coadiuvare e facilitare gli operatori nello svolgimento del loro lavoro. A capo del coordinamento dei team leader, c’è un supervisor, mentre al vertice aziendale c’è il call center manager, una figura che determina le linee guida della gestione aziendale. Il committente, titolare dell’azienda, acquisisce le commesse direttamente dalle grandi imprese fornitrici, oppure da call center terzi. Nella maggior parte dei casi i team leader e i supervisor sono ex operatori che dopo anni di telefonate e gavetta sono cresciuti, soprattutto all’interno della stessa azienda. Dopo il fardello del contratto a progetto, il rapporto con queste figure lavorative rappresenta spesso per gli operatori un conflitto costante. Pretendono il massimo per ciò che riguarda professionalità, serietà, impegno, ma soprattutto produzione. Negli anni di esperienza nei call centers outbound, ho avuto la possibilità di conoscere molti team leader e ho notato che spesso non sanno come motivare l’operatore, allora pensano di riuscirci urlandoci contro, facendoci stare ancora peggio. In alcune aziende la strategia più utilizzata è quella di ignorarci, smettere di parlarci, finché non riacquistiamo la produttività perduta. In assenza di tutele nel settore outbound, la dimensione del lavoratore del call center è concentrata in forme di approccio individualistiche ed egoistiche: da un lato gli operatori altamente produttivi, dall’altro quelli scarsi. C’è chi in silenzio difende lo stato di cose, ma quelli che alzano la voce, lo fanno creando un dialogo individuale con il datore di lavoro, quasi mai coinvolgendo il sindacato. Chi si ribella, non solo può essere visto in maniera negativa dai coordinatori di sala, ma anche dagli operatori stessi. Il futuro delle migliaia di lavoratori e lavoratrici dei call center outbound cagliaritani, deve necessariamente passare per il superamento dei contratti a progetto e la stabilizzazione. Solo estendendo i diritti con l’applicazione dei contratti nazionali potremmo riacquistare un’identità collettiva e una coscienza sociale.
* precario call center
Da "L'Altra Sardegna" Maggio '08

10 Comments:

Anonimo said...

Caro Marco,
perche' non dici che il call center ti ha salvato dalla solitudine ?

Anonimo said...

Questa � veramente triste e fuori luogo come affermazione... Vedo per� quanto incide l'effetto callcenter su tutti questi operatori anonimi... C'� ki si rompe, c'� ki sta isterica a vita, c'� ki invece viene colpito alla testa irrimediabilmente...

Anonimo said...

andred è il mio sogno...MM sa...

Anonimo said...

Onestamente caro anonimo,quello che dici non corrisponde a verità,ma non lo dico per contraddirti.
La mia vita è caratterizzata dalla più totale solitudine.
Il mio animo è vuoto.
Quindi,il callcenter,non l'ha cambiata,ne mi ha salvato;pur vivendo in questo modo,reputo di non essere un tale debole da esser dovuto salvare da avvenimenti o persone.
IO mi salvo da solo!

Saluti anonimo.

Marko Maffei

Anonimo said...

Certo che sesi burda!

M.M. sa....

Anonimo said...

ma ki sei anonimo???? ..mi ricordi qualcuno................

Anonimo said...

E intanto siete saliti a 3198 contatti in un mese.... Grandi Marko e Tommy!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! ne ho messo troppi........

Anonimo said...

eh eh ...dai andred...indovina un po???

Anonimo said...

interessante il punto in cui si dice:

Nella maggior parte dei call center outbound, non c’è possibilità di crescita, né immediata, né a lungo termine, anche se nel colloquio ti viene garantita una grande opportunità di progredire. Magari potrebbero capitare determinate forme di nepotismo o favoritismo, ma sono situazioni assai rare

Anonimo said...

Straordinaria adesione allo sciopero regionale delle telecomunicazioni

da Bologna2000

Lavoratori dei Call Center in lotta contro la precarietà, tecnici di Telecom in “divisa” aziendale in lotta contro 5.000 licenziamenti, lavoratori di Wind, di Vodafone, di Fastweb, di Ericsson, di Tiscali, di H3G colpiti da continue riorganizzazioni.

Un corteo colorato e rumoroso, arricchito da delegazioni del Triveneto, delle Marche e dell’Umbria, ha percorso le vie del centro di Bologna per dire basta ai licenziamenti, alle esternalizzazioni, agli appalti incontrollati, ai trasferimenti immotivati, alla perdita di professionalità, alla riduzione del reddito ed al peggioramento delle condizioni di lavoro.

Al termine del corteo numerosi delegati hanno preso la parola per denunciare le loro condizioni di lavoro. Nell’intervento unitario conclusivo il segretario nazionale della SLC, Alessandro Genovesi, si è concentrato sulla lotta nazionale che si sta conducendo in Telecom contro i licenziamenti, sull’importanza di affrontarla insieme con i lavoratori di tutte le altre aziende del settore, preannunciando una grande iniziativa nazionale il 19 settembre per la stabilizzazione dei lavoratori dei Call Center in outsourcing.

(Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil)

Siete precari? Non ditelo mai alle ragazze !

Un urologo di Firenze ha affermato che la condizione di lavoratore precario avrebbe effetti devastanti su una parte corporea precisa, tipica dei maschietti. Proprio quello a cui Woody Allen alludeva quando diceva «Il cervello è il mio secondo organo preferito». Secondo questo medico stress e incertezze farebbero uno sfacelo dell’orgogli ovirile. Non vi dico neppure le percentuali di guai del tipo “troppo presto” e del tipo “manco per sogno” che secondo questo studio toccherebbero a chi non ha un lavoro sicuro. Tipo “uno ogni due è in un bel guaio”. Ora, per prima cosa io voglio assicurare a tutti i miei amici precari che sono assolutamente convinto che queste statistiche non riguardano loro. Ma consiglio loro, in futuro, quando capitasse di conoscere qualche innamorabile signorina, di mentire spudoratamente sulla loro condizione lavorativa. Capite che, se fino ad adesso la mancanza del posto sicuro poteva essere un problema con quante mirano all’accasamento a breve, con questo studio ci si trova con una cattiva fama anche nelle più occasionali delle relazioni. Quindi alla classica domanda «tu cosa fai?» rispondete
«Sono un bohemien». Presentate il vostro lato artistico. Parlate di genio e sregolatezza, insomma, cose che fanno pensare più a eccessi sessuali che al contrario.

Ora, per equità, attendo con ansia uno studio sugli effetti dello stress sugli urologi.

Da "lapis in fabula" di Chicco Gallus